Cultura otaku

L’epopea dei robottoni

In attesa dei festeggiamenti, l’anno prossimo, per i quarant’anni di Goldrake in Italia, ci sono già alcuni libri da tener presenti, come la Guida ai super robot di Jacopo Nacci, uscita per Odoya e che racconta un’epopea, quella dei giganti d’acciaio realizzati in Giappone dal 1972 al 1980.
Per la mia generazione gli anime giapponesi sono stati una cosa davvero di rottura e di innovazione: anch’io sto scrivendo un saggio in tema, sulla fantascienza animata nipponica, e mi sto rivedendo molte di queste serie e film, che oggi a tratti appaiono datati, ma che allora furono uno tsunami di proporzioni enormi.
Negli anime giapponesi abbiamo visto ed avuto donne guerriere, donne protagoniste, ragazze che sparavano razzi e pilotavano robot anziché fare le casalinghe, majokko, regine di imperi malefici e altre splendide figure.
Ma gli anime robottici hanno parlato anche della follia del potere, dell’importanza della pace, del bello di conoscersi e essere amici tra persone diverse, del dramma della morte, della vergogna della bomba atomica.
Tornando al libro di Nacci, grazie a questo sono riuscita a sapere come finivano alcune di queste serie robottiche prima sfruttate dalle reti e poi sparite. Nelle sue pagine ho trovato tanti vecchi amici, che oggi mi sto rivedendo, riconoscendo che ci sono anime che sono invecchiati abbastanza bene, come lo stesso Goldrake, Baldios e Gundam, e altri che accusano gli anni, come Gordian, Jeeg (che ha momenti bellissimi) e Trider G7.
In ogni caso ringrazio di aver potuto vedere gli anime, non solo i robottoni, ma anche la fantascienza di Matsumoto, gli shojo di Riyoko Ikeda e le orfanelle toste alla Heidi e Candy perché mi hanno veramente aperto mondi e prospettive.

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